GROTTA ISPINIGOLI

La grotta di Ispinigoli è stata aperta al pubblico nel 1974: si tratta di una voragine carsica visitabile attraverso un percorso guidato al suo interno della durata di circa quaranta minuti. Cela al suo interno una colonna stalagmitica alta circa 38 metri che collega la volta con il pavimento della grotta stessa. Ispiningoli non significa, "spina in gola" come erroneamente si ritrova citato in vari ambiti, bensì, molto più semplicemente, il termine ha origine dal nome della località adiacente. La sala principale, con un diametro di 80 metri, presenta il basamento occupato da massi del crollo che ha dato origine alla grotta.


L'abisso delle Vergini

Altra particolarità affascinante della grotta di Ispinigoli è il cosiddetto Abisso delle Vergini, un inghiottitoio profondo circa 60 metri che collega la grotta di Ispinigoli alla Grotta di San Giovanni Su Anzu.

La grande sala appartiene al complesso carsico Ispinigoli - San Giovanni su Anzu - sos Jocos.

Si tratta di tre grotte comunicanti esplorate fino ad oggi per una lunghezza totale di 17 km; questo sistema carsico si sviluppa nelle viscere del monte S'Ospile con tre ingressi che si aprono a quote diverse.

Ciò crea delle differenze di pressione che generano all'interno una corrente d'aria continua, con la temperatura che si mantiene tra 16-17 gradi in tutte le stagioni.

argilla, enormi colonne e innumerevoli bianche concrezioni e nel fondo di questo complesso scorrono piccoli torrenti sotterranei che vedono la luce nella vicina Grotta di San Giovanni Su Anzu. Il sistema venne esplorato sin dal 1954 dal Gruppo grotte di Nuoro che individuò il collegamento tra le due cavità e le ricerche continuarono negli anni successivi ad opera dei grandi esperti della speleologia sarda: Padre Furreddu, Bruno Piredda e il piemontese Eraldo Saracco che nel 1965 perse la vita, precipitando nel secondo pozzo della Grotta, a lui è dedicata la targa all'ingresso del ramo speleologico.

Nel 1995 gli speleologi di Dorgali e di Sassari riuscirono a trovare il collegamento fra la Grotta di Sos Jocos e quella di San Giovanni di Su Anzu, completando così il rilevamento dell'intero complesso conosciuto fino ad oggi.


Note archeologiche

La Grotta suscitò grande interesse scientifico per i ritrovamenti fossili di una lontra dell'era glaciale, importanti reperti archeologici di età

nuragica (XVII-VI sec. a.C.), punica (VI-III a.C.) e romana (III a.C.-VI sec. d.C.) che testimoniano un lungo utilizzo della cavità carsica come luogo di sepoltura e di culto.

Tra i rinvenimenti, esposti presso il vicino Museo Archeologico di Dorgali, si segnalano i vaghi in pasta vitrea attribuibili all'età punica (VI III sec. a.C.) e all'età romana e tardo romana (II sec. a.C. VI sec.). In passato, il ritrovamento di questi reperti alimentò l'ipotesi di un luogo legato ai sacrifici umani in epoca nuragica e punica. Da queste considerazioni la voragine fu battezzata L'Abisso delle vergini.

Questa ipotesi oggi non è più considerata attendibile.

In grotta è vietato toccare le concrezioni e fare fotografie.

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